|
LA
FARINA
Le confezioni di farina che troviamo nelle botteghe dei fornai e sugli
scaffali dei supermercati sono il frutto di un complesso procedimento
a più stadi cui vengono sottoposti i chicchi
dei cereali. La molitura industriale attuale, infatti, permette di
ottenere almeno una decina di prodotti finiti diversi, a partire dalla
più raffinata delle farine
per arrivare ai sottoprodotti destinati a usi non alimentari.
Oggigiorno la produzione industriale di farine si effettua con macchinari
sofisticatissimi, i quali dispongono di coppie di cilindri metallici disposti
progressivamente sempre più vicini tra loro, di diametri differenziati
e muniti di asperità diverse, la cui velocità di rotazione
è di circa 300-350 giri al minuto. Questo procedimento,
peraltro assai conveniente da un punto di vista commerciale per la sveltezza
e la mole di lavoro svolto, ha però il grave torto di 'escoriare"
i chicchi, togliendo loro la parte esterna e il germe (che è il
centro vitale del cereale), conservando invece quasi esclusivamente la
frazione amidacea, povera di proteine e vitamine.
I mulini a pietra, per contro, macinano (e macinavano) a velocità
molto più ridotta (80- 100 giri al minuto), per cui il pericolo
ai surriscaldamento, che compromette le proprietà lipido-vitaminiche
delle farine, viene evitato. Inoltre questo tipo di macina avviene con
un solo passaggio (contro i cinque dei mulini a cilindri) e non priva
il cereale di nessuno dei suoi più preziosi componenti; anzi, per
mezzo dell'azione di sfregamento, provoca la rottura e l'apertura della
maggior parte delle cellule dello strato aleuronico del chicco, impregnando
in tal modo la farina così ottenuta del prezioso olio di germe.
Il valore panificabile della farina raggiunge il suo apice quando, approssimativamente,
l'intervallo tra la macinazione e l'uso non è inferiore ai 15-20
giorni, periodo necessario per il consolidarsi dei processi ossidativi
utili all'attività panaria. Se trascorre troppo tempo (1 o 2 anni)
dalla molitura, la farina diverrà inevitabilmente "vecchia"
e il suo tenore qualitativo scadrà sempre più..
Affinché i cereali, come pure gli altri prodotti agricoli, siano
al meglio delle loro qualità, è indispensabile che vengano
coltivati in modo da risultare privi di residui tossici, conseguenza inevitabile,
purtroppo, dell'agricoltura moderna, che ha introdotto un massiccio uso
di fertilizzanti e pesticidi di sintesi chimica. I cereali dovrebbero,
invece, provenire da terreni coltivati con metodi naturali, biologici
o biodinamici.
Qualora questi siano di provenienza biologica è bene utilizzare
farine ottenute da cereali "integrali", i cui chicchi siano
stati cioè puliti solo delle loro componenti più esterne
(improponibili al nostro apparato digerente) e siano quindi integri di
tutte le altre parti che rendono l'alimento completo dal punto di visto
nutritivo e che, in genere, vengono, invece, eliminate nel corso della
raffinazione. Questa, infatti, impoverisce, i cereali di sostanze fondamentali,
quali vitamine (B1, B2, PP, B6), proteine, amidi e sali minerali (magnesio,
calcio, fosforo ecc.).
A ciò si aggiunga l'enorme perdita di fibra grezza (crusca) - praticamente
assente nelle farine più raffinate, il cui consumo, com'è
ormai universalmente riconosciuto, è di enorme importanza nella
prevenzione di numerose malattie.
Attenzione però: le farine integrali provenienti da coltivazioni
"convenzionali" finiscono per essere un concentrato di quelle
sostanze dannose che vengono utilizzate nella coltivazione e che si raccolgono
sulle parti esterne dei chicchi. Spesso poi vengono spacciate per integrali
farine semplicemente reintegrate, cioè bianche e miscelate a una
certa quantità di crusca. L'occhio attento del consumatore riuscirà
comunque a distinguere il fondo puntinato della crusca aggiunta per reintegrare
la farina da un prodotto realmente completo che è invece di colore
ambrato piuttosto uniforme.
|
|